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giovedì 4 novembre 2010

Criceto


Il CricetoIl Criceto






IL CRICETO
Le due specie di criceto più comuni sono il criceto dorato o siriano, Mesocricetus auratus, e il criceto russo, Phodopus sungorus, entrambi Roditori della Famiglia Chcetidi. Sono animali notturni e scavano tane nel terreno. Sono piuttosto semplici da allevare in cattività, ma hanno una vita molto breve e quindi sono poco adatti come animali da compagnia per i bambini. Sono in genere docili ma all'occorrenza possono infliggere morsi dolorosi.

Criceto dorato
E' un animale tozzo, con una coda molto breve, dei peso di circa 120 gr.
La colorazione originale è marrone dorata con il ventre bianco – grigiastro, ma in seguito sono state sviluppate molte varietà: cannella, crema, bianco, albino, ecc., e un tipo a pelo lungo detto "teddy bear".
E' un animale molto territoriale e combattivo con i suoi simili e va alloggiato da solo per evitare lotte e cannibalismo,

Criceto russo
Spesso è erroneamente venduto come lemming.
E' più piccolo dei criceto dorato, pesando solo 30-50 gr, anche se la struttura dei corpo è simile. E' grigio con una striscia dorsale più scura e pelo più chiaro sul ventre, anche se in commercio sono presenti molte varietà, tra cui crema e arancio. Anche le zampine e la coda sono ricoperte di pelo.
E' molto più attivo e vivace dei criceto dorato e quindi è più difficile da maneggiare. Sopporta meglio il freddo che il caldo, e muore a temperature superiori a 35°C.
E' un animale notturno, ma presenta degli sporadici periodi di attività durante il giorno.

Caratteristiche anatomiche e fisiologiche dei criceti
Sono caratterizzati dalla presenza delle tasche guanciali, in cui immagazzinano il cibo da trasportare nella tana.
Quando la temperatura scende sotto gli 8°C vanno in ibernazione; se la temperatura sale diventano rapidamente attivi, quindi è bene che abbiano sempre a disposizione cibo non deperibile e acqua fresca. I criceti in ibernazione possono apparire comatosi o morti al proprietario inesperto.
Anche i criceti sono coprofagi e assumono direttamente dall'ano le feci circa 20 volte al giorno.

Alloggio
La gabbia deve essere sufficientemente spaziosa da permettere una certa attività, a prova di fuga, facile da pulire e priva di punte e margini taglienti. I materiali migliori sono acciaio, plastica dura, plexiglas o vetro, che resistono alla corrosione.
E' preferibile un pavimento solido con abbondante lettiera di materiale che non sia tossico e polveroso, quale carta a pezzetti e trucioli. La gabbia va arredata con una ruota e altri oggetti per l'esercizio, ad esempio piccoli tubi orizzontali e verticali posti nella gabbia, attraverso cui i criceti amano molto correre, e scatole con diverse aperture attraverso cui possano infilarsi. E' molto importante fornire una casetta che il criceto utilizzerà come nido.
Almeno una volta alla settimana si deve procedere ad una pulizia accurata della gabbia e degli elementi di arredo.
I contenitori dell'acqua e dei cibo andrebbero puliti e disinfettati tutti i giorni.

Alimentazione
In natura i criceti sono onnivori e si nutrono di piante, semi, frutta e insetti è sicuramente sconsigliabile una dieta prevalentemente a base di semi, che sono troppo grassi e contengono poche proteine e vitamine.
La dieta viene integrata con piccole quantità di cereali soffiati senza zucchero, pane integrale, pasta cruda, carne di pollo cotta, tonno senz'olio, uovo sodo, formaggio, frutta e verdura fresche accuratamente lavate. Acqua fresca e pulita deve essere sempre a disposizione.

Riproduzione
In cattività i criceti si riproducono tutto l'anno.
La gravidanza dura circa 16 giorni nel criceto dorato e 18 in quello russo. Nei giorni precedenti e successivi al parto la femmina non deve essere disturbata, evitando di maneggiarla e di pulire la gabbia.
Deve avere a disposizione abbondante materiale per fare il nido (sono consigliati fazzoletti di carta) e una scorta di cibo sufficiente. I piccoli non vanno toccati per i primi 7 giorni di vita.
I piccoli alla nascita sono completamente inetti, nudi e con gli occhi chiusi, ma presentano già gli incisivi.
E' opportuno lasciare a disposizione del cibo sul pavimento della gabbia, in modo che sia facilmente accessibile, ad esempio dei pellet inumidito; anche l'acqua deve essere facilmente raggiungibile dai piccoli. I piccoli orfani non hanno possibilità di sopravvivere.

Come maneggiare il criceto
I criceti sono in genere animali docili, ma soprattutto se spaventati o se svegliati bruscamente possono mordere.

Quindi bisogna essere preparati a mantenere la presa anche in questa eventualità, altrimenti si potrebbe fare un gesto istintivo che lancia il criceto contro una parete o il pavimento. Inoltre i criceti si lanciano facilmente dalle mani con il rischio di cadere a terra e ferirsi.

Dati fisiologici del criceto

La dentatura dei Criceto è costituita nel suo complesso da due incisivi superiori e da due inferiori, e da tre molari superiori e inferiori per lato. In totale i denti sono 16. I denti incisivi hanno la particolarità di essere a crescita continua. Il Criceto presenta due tasche guanciali. Esse consentono la raccolta di grandi quantità di cibo non masticato, che il roditore mangerà successivamente. In corrispondenza della regione del dorso, In posizione lievemente laterale, sono presenti due aree di forma circolare, una per lato, di colore bruno scuro o grigio e prive di pelo. Queste due aree sono ricche di ghiandole sebacee. Nel Criceto domestico, l'ambiente e la temperatura hanno completamente soppresso il meccanismo fisiologico del letargo.
In natura il Criceto vive dai 4 ai 6 anni ma in cattività la vita media è di 2 anni. Il maschio è maturo sessualmente a circa 2 mesi la femmina leggermente prima. La gestazione dura 16 gg., normalmente danno alla luce dai 4 ai 12 cuccioli. La crescita del pelo comincia a 9 gg,, lo svezzamento avviene a circa 21 gg. sebbene i cuccioli siano in grado di alimentarsi da soli già dopo 7-10 gg. Generalmente il parto avviene durante le ore notturne. Luci rumori e soprattutto odori inquietano la madre, che può mangiare i neonati appena partoriti. In prossimità del parto si deve separare il maschio dalla femmina; lasciare a disposizione di quest'ultima un'abbondante riserva di cibo senza mai aprire la gabbia per pulirla o per controllare le condizioni della madre o dei neonati fino allo svezzamento, avvenuto il quale i cuccioli possono essere separati dalla madre. Le dimensioni minime della gabbia devono essere 40x30 se di forma rettangolare, e di 30 cm. di diametro se a base rotonda.
La ruota supplisce alla mancanza di spazio che la gabbia inevitabilmente comporta.
Evitare correnti d'aria e sole diretto, E' inoltre opportuno scegliere un angolo dove sia facile pulire eventuali scorie o detriti che possono fuoriuscire dalla gabbia.
La temperatura ideale per il Criceto è compresa fra i 18° e 21°C, tuttavia grazie alla folta pelliccia possono vivere bene anche a 15°C . La percentuale ideale di umidità relativa dovrebbe essere fra il 40% e il 70%.
Il Criceto domestico è un animale prevalentemente erbivoro, che tuttavia è in grado di cibarsi anche di carne.
In linea generale per un Criceto adulto sono necessari ogni giorno:
5 gr. di alimento secco (pellets e granaglie),20 gr. di alimento fresco (verdura e frutta),10 gr. di alimento proteico (formaggio , carne uovo sodo). fra gli alimenti proteici possono essere compresi 2-3 ml di latte.
Il criceto non richiede particolari cure per la pulizia, non è dunque necessario fargli il bagno. Nelle varietà a pelo lungo può essere utile spazzolarlo, per evitare la formazione di nodi. Il criceto domestico è un animale piuttosto asociale. Esso vive molto bene da solo in quanto un forte istinto di territorialità è presente in entrambi i sessi, e in particolare nel maschio. Fra soggetti dello stesso sesso, se provenienti dalla stessa cucciolata e se abituati a convivere fin dalla nascita. Possono invece convivere piuttosto bene criceti di sesso opposto. Anche in quest'ultimo caso tuttavia sono molto frequenti manifestazioni di aggressività reciproca, che si evidenziano con brontolii o squittii più o meno acuti. Fra criceti di sesso diverso, solitamente, è più aggressiva la femmina.
In natura il Criceto è un animale prevalentemente notturno: entra in attività verso le ore serali per cessarla alle prime ore del mattino. In realtà i soggetti che vivono in gabbia sono condizionati dai rumori che provengono dall'ambiente e spesso il loro ciclo giorno - notte è alterato pertanto dalla presenza di luce artificiale. Per questo motivo, nell'arco delle 24 ore, alternano brevi periodo di sonno ad altrettanti di attività fisica anche intensa.

Corvo

Coccodrillo



IL COCCODRILLO

Tra natura e mito




Il coccodrillo è un rettile di grande mole e dall'aspetto preistorico.
E', infatti, un animale molto antico che, seppure con molte modifiche mirate all'adattamento, sopravvive fin dal Triassico.
Se ne conoscono diverse specie e sono presenti, con nomi diversi, in tutti i continenti esclusa l'Europa. Il coccodrillo propriamente detto vive in Africa e nell'Asia meridionale; il gaviale in India, l'alligatore in America e in Cina, il caimano in Brasile e Sud America.
Quando è giovane si ciba di pesci mentre da adulto mangia animali e anche uomini. Benchè sia dotato di una discreta fila di denti, non mastica il cibo per cui, dopo un pasto abbondante è ridotto in una sorta di torpore.
In conseguenza di ciò ha imparato che la carne putrida è senz'altro meglio digeribile per cui si nutre facilmente di carogne svolgendo una funzione di spazzino molto importante per l'ecosistema.
Lento, silenzioso e insidioso, vive nei fiumi o presso gli estuari, le paludi o le lagune. Il suo metodo di caccia è infallibile: adocchiato il bersaglio, scatta fulmineo fuori dall'acqua e con un movimento rapido, dopo aver afferrato la preda, abbassa la mascella superiore per inabissarsi nuovamente.
La caratteristica di appartenere sia al regno della terra che a quello dell'acqua ne fa il simbolo delle contraddizioni fondamentali.
Si agita nella melma da cui trae origine una vegetazione ricca e lussureggiante: per questo lo si considera simbolo di fecondità. Ma poi, per quel suo modo particolare di uccidere, furtivo e all'improvviso, rappresenta la malvagità.
Signore dei misteri della vita e della morte, è anche signore delle conoscenze occulte, simbolo della luce che alternativamente si eclissa e abbaglia.
E' soprattutto nell'Antico Egitto che questo animale è un potente simbolo: Sobek, figlio di Neith, è il signore delle acque e dei pesci e regna sovrano dove terra ed acqua si uniscono; dotato di una vitalità non comune, rappresenta l'energia dell'acqua. Ma è anche archetipo del Divoratore: insaziabile, freddo e sanguinario, divora inesorabilmente tempo e spazio, nonchè le anime che non sanno giustificare le proprie azioni.
I maghi lo temono ma si servono anche della sua forza.
Sono molte le funzioni che la tradizione gli attribuisce nelle vicende divine: Sobek-Ra porta il sole sulla testa per farlo rinascere, Sobek-Osiride aiuta Iside a ripescare i pezzi del cadavere smembrato dello sposo, Sobek-Seth regna sulle terre desertiche.
Sterminatore dei nemici di Osiride, insieme ad Haroeris, dio solare guerriero, è nemico delle forze del male. Ai due dei è dedicato un tempio dallo schema insolito. Vicino al villaggio di Kom Ombo vi è questo tempio doppio, ottenuto cioè affiancando due strutture. La parte sinistra è consacrata al dio Sparviero Haroeris, (ennesima personificazione del Sole-Horus), mentre la parte destra è consacrata a Sobek. Citato anche nel Libro dei Morti, Sobek assiste alla nascita di Horus e aiuta a sconfiggere Seth, dio del tuono e della tempesta.
In una lunga descrizione riportata da Erodoto si legge che in certe zone dell'Egitto il coccodrillo è venerato, adornato d'oro e sepolto in recinti sacri; in altre è trattato da nemico. anche se, perlopiù era divinizzato. La capitale del Faiyum - attuale Medinet - fu addirittura chiamata Coccodrillopoli.
Anche in Oriente è presente e rappresentato.
In India è la cavalcatura del mantra Vam, qualche volta di Varuna, Signore delle acque.
La bandiera del coccodrillo, in Cambogia, è utilizzata durante i riti funebri.
Anche in numerosi altri paesi asiatici è collegato al regno dei morti poichè svolge il ruolo di psicopompo.
Forse da questa antica memoria deriva il gergo giornalistico: coccodrillo è detto il necrologio di persone illustri preparato quando sono ancora in vita e tenuto pronto nel cassetto.
Sempre in Cambogia le leggende lo associano al fulgore delle pietre preziose. Produttore del lampo è anche simbolo di luce e di pioggia.
Nella simbologia cinese è l'inventore del tamburo e del canto e svolge una funzione importante nel ritmo e nell'armonia del mondo; "Lu Tong", drago di terra, rappresenta la forza e la nobiltà.
Nell'America Centrale precolombiana è simbolo di fertilità e ricchezza; secondo i sacerdoti portava fortuna potere e figli in abbondanza.
Nell'oroscopo azteco, come rappresentante dell'inizio, della vita, è il primo elemento: è simbolo della prosperità e conferisce valore a colui che nasce sotto il suo segno. Secondo il mito di questo popolo, infatti, la terra nacque da un coccodrillo che viveva nel mare originario.
Nella versione Maya della genesi, Il Grande Coccodrillo originario porta la terra sul dorso, racchiusa in una conchiglia.
Divinità ctonia, appare spesso come sostituto del Grande Giaguaro, signore dei mondi sotterranei.
Sempre presso i Maya è simbolo di abbondanza e, come il Giaguaro presso gli Aztechi, veglia alle estremità della quattro strade, i punti cardinali.
In certi miti dell'antico Messico è, con il rospo, simbolo della Terra.
In Melanesia il coccodrillo è l'antenato, il fondatore dell'ultima classe sociale.
Secondo i mitologi questo animale ha soprattutto una valenza negativa: è il Divoratore che sorge all'alba dalle tenebre acquitrinose per inghiottire gli esseri viventi; è il mostro primordiale per eccellenza che erompe dal caos primitivo. Simile al drago della mitologia, evoca le forze occulte sepolte nell'inconscio, o, secondo i demonologi, il demonio.
Forse in questo senso vanno interpretate le spoglie di animali impagliati appesi nelle chiese medioevali.
Nella tradizione cristiana corrisponde al Leviatano, un enorme animale marino menzionato nel Vecchio testamento come nemico di Dio e, in tal senso, alcuni psicoanalisti lo leggono come l'atteggiamento cupo e aggressivo dell'inconscio collettivo.
Nella vicenda biblica di Giobbe è citato, in una descrizione terrificante, come "serpente fuggiasco", facendo riferimento all'Egitto.
Nella tarda antichità era associato al serpente d'acqua che, facendosi inghiottire dal coccodrillo, ne dilaniava le viscere per uscirne. Il serpente passa così da immagine negativa a simbolo di redenzione, con la sua discesa al limbo, la morte e la rinascita. Simbolo fallico, è talvolta associato al mito dell'araba fenice che muore per poi risorgere.
A questo animale sono attribuite molte leggende; è assimililabile anche all'Ouroborus, il serpente che si mangia la coda.
Per i cristiani era una figura demoniaca tranne che per San Pacomio che attraversò il Nilo sul suo dorso.
E' considerato negativamente anche nei Bestiari medioevali: "immagine dell'ipocrita, dell'avaro e del libertino".
Come il coccodrillo vive di notte nelle acque limacciose, così l'uomo vizioso conduce segretamente una vita sfrenata.
Nel Medioevo, per le sue grossi fauci, richiamava all'antro infernale.
Nella nostra cultura c'è un modo di dire che chiama in causa il nostro "mostro": lacrime di coccodrillo si dice del pentimento di chi, dopo aver fatto del male, se ne rammarica vanamente, forse perché, secondo un detto popolare, questo farebbe l'animale dopo aver divorato, nella più spietata freddezza, un essere umano.

Civetta

Cicogna

Cicala

Chiocciola

Cervo

Cerbiatto

Cavallo

Castoro

Capra

Canguro

Camaleonte

Calamaro

Daino

DAINO


Le origini
Il daino appartiene alla famiglia dei Cervidi (Cervidae), all’ordine degli Artiodattili da cui deriva la definizione di ungulati, il suo nome scientifico è Cervus dama oppure Dama dama.

Il peso – l’altezza – il manto
Il daino maschio raggiunge un’altezza al garrese di circa 90 cm. sono lunghi circa 150 cm. e possono pesare fino a 100 kg..
La femmina leggermente più bassa può raggiungere il peso di 60 kg.
Il colore del mantello può variare notevolmente tra i branchi selvatici e gli animali allevati da privati o presenti nei parchi.
Esistono alcune varietà che presentano un colore scuro tendente al nero ed altre di colore albino, bisogna tenere presente che il mantello varia anche in funzione delle stagioni.
Il colore naturale estivo è un bruno rossiccio con la presenza di alcune grandi macchie bianche, nei piccoli le macchie bianche sono particolarmente evidenti e numerose, il ventre è di colore chiaro.
Il colore del manto, nel periodo autunnale e primaverile, è di colore bruno scuro - grigiastro, il ventre resta chiaro e le macchie di colore bianco non sono più presenti.
Se osserviamo un daino dalla parte posteriore, la coda ed il bordo della culatta hanno la forma di una ancora capovolta.

Il palco
La principale caratteristica dei cervidi è quella di avere ampie corna formate da una struttura ossea compatta, le corna, cilindriche alla base e per il resto foggiate a pala larga, piatta, assai allungata, prendono il nome di “palco”.
Nei daini il palco, presente esclusivamente nei maschi, si sviluppa dopo il primo anno di età, cade annualmente per rigenerarsi immediatamente e rapidamente.
I daini aiutano il processo di pulitura del palco sfregandolo contro arbusti o alberi.
La caduta avviene ogni anno nel periodo gennaio-febbraio; a differenza della maggior parte dei cervidi nel daino le corna sono palmate anziché ramificate e possono raggiungere la larghezza di 80 cm. ciascuna.
Dalla forma del palco si può definire l’età dell’animale.

Vita e abitudini
In libertà sono una specie assai sociale, la struttura più comune è rappresentata da una femmina adulta accompagnata da un piccolo e da un’altra femmina di 1-2 anni oppure da un giovane maschio il quale al raggiungimento del secondo anno di età abbandona il gruppo per unirsi ad altri maschi.
I gruppi possono avere strutture molto diverse, è possibile incontrare branchi di soli maschi oppure di sole femmine come avere, anche, la possibilità di vedere branchi misti; essendo un animale gregario forma piccoli gruppi che nel periodo estivo possono formare branchi assai numerosi.
I branchi selvatici sono molto schivi e attivi prevalentemente di notte.
Possono vivere per 15-18 anni e già ad un anno e mezzo raggiungono la maturità sessuale.

La riproduzione
Il periodo di riproduzione cade in autunno.
I maschi tendono a divenire aggressivi, il comportamento che assumono può essere assai difforme da animale ad animale.
Più maschi possono convivere tra loro sulla stessa area.
In questo caso ogni maschio difende una piccola superficie che viene utilizzata a scopo di esibizione e di accoppiamento con le femmine che vi transitano.
Il periodo di gestazione dura circa 8 mesi ma, in caso di scarsità di cibo o altre condizioni avverse, le femmine riescono a ritardare la nascita del piccolo anche di 30-60 giorni.
Ogni femmina partorisce un solo piccolo, rari sono i casi di parti gemellari.
La nascita avviene nel periodo maggio-luglio e l’allattamento dura dai 4 ai 5 mesi.
I piccoli sono in grado di muoversi autonomamente già dopo un giorno di vita.
Per le prime 2-3 settimane il piccolo trascorre quasi tutto il tempo nascosto nella vegetazione e comunque lontano dalla madre che gli si avvicina solo per allattarlo.

Habitat
Il daino essendo originario delle foreste di latifoglie delle regioni mediterranee si è ben ambientato sia in pianura, sia in collina come pure in montagna; e possibile trovarlo nelle pianure a ridosso del mare sino ai 1000 metri di altitudine.

Alimentazione
Il daino è un ruminante, cioè dopo una prima masticazione sommaria, durante il pascolo, gli alimenti vengono convogliati nel primo compartimento gastrico, (rumine) e quindi rigettati nella bocca dove subiscono una seconda e più accurata masticazione per essere mangiati definitivamente.
Allo stato selvatico si ciba di erba, foglie, arbusti, germogli, mangia anche la frutta che cade dalle piante (mele, pere, prugne, albicocche, susine, uva, castagne, ghiande, ecc.).
In cattività gli si può somministrare pane, fiocchi misti formati da grano, orzo avena e granoturco, carote e mele, ma mai abbondantemente per evitare di impigrire la fase di ruminazione.

Delfino

Il delfino è senza alcun dubbio il mammifero acquatico più conosciuto e amato. Le specie che si possono più facilmente incontrare nelle acque delle Galapagos sono il delfino a “naso di bottiglia”(Tursiops Truncatus) e il delfino comune (Delphinus Delphis).
La specie più grande di delfino è senza dubbio l’orca, che è possibile incontrare nel mare delle Galapagos.
I delfini sono mammiferi, non possono dunque rimanere sott’acqua senza respirare, se non per pochi minuti. Sono soliti aggirarsi in grandi branchi di 1000 o 1500 individui.





CARATTERISTICHE FISICHE
Il corpo di un delfino, o di un qualsiasi altro Cetaceo, si presenta estremamente idrodinamico, in modo da consentirgli di nuotare agilmente.
La pelle, estremamente liscia e senza peli, contribuisce a ridurre la resistenza dell'acqua secernendo olio o muco. Infatti è dotata, all' interno, di speciali creste cutanee che contrastano la formazione di vortici, così come particolari secrezioni oleose eliminano la turbolenza dell'acqua ed ne agevolano lo scivolamento sulla superficie. Riescono quindi a raggiungere velocità massima di circa 45 km/h e navigare per lunghi periodi ad una velocità di 18-20km/h.
Lo scheletro è assai debole dal momento che non hanno alcun bisogno di sostenere il loro corpo.
Una mamma-delfino con il suo cucciolo
Le vertebre del cervicali sono corte e spesso fuse in modo da conferire una grande forza al collo, impedendogli di flettersi e quindi costituire un ostacolo per il nuoto.
Gli arti anteriori si sono trasformati in due natatoie ben sviluppate, mentre gli arti posteriori sono scomparsi e gli unici residui di osso pelvico sono due ossicini dietro ai muscoli. Le natatoie e la pinna dorsale servono a mantenere la direzione e l'equilibrio, mentre i lobi della coda spingono il corpo dentro l'acqua. La coda rappresenta una delle caratteristiche anatomiche peculiari dei Cetacei, in quanto si differenzia da quelle dei pesci poiché si è sviluppata in senso orizzontale.
Il cranio è "telescopico", cioè spinto all'indietro a partire dalla fronte, ha occhi indipendenti e posizionati in modo tale da consentire una vista frontale (cosa che non accade nelle balene), ha molti denti sottili e appuntiti(il numero varia a seconda delle specie considerate: ad esempio il delfino comune ne ha circa 200), infine sulla sommità, leggermente spostato a sinistra ha lo sfiatatoio: l'unica narice chiusa da un lembo di pelle.
La pinna caudale è priva di struttura ossea, ma provvista di una robusta muscolatura e resistenti fasci fibrosi. Imprime un'eccezionale propulsione al nuoto grazie alle potenti battute verticali dei suoi lobi. I muscoli della loro coda sono dieci volte più potenti di quanto non lo siano quelli degli altri mammiferi. Il movimento verso l'alto genera il moto, il ritorno passivo verso il basso riconduce alla posizione iniziale. Questa dinamica sembra consentire al flusso laminare di separarsi alla fine del corpo dell'animale senza provocare attriti, che invece la muscolatura di un Cetaceo non sarebbe in grado di vincere. Senza utilizzare la forza muscolare i delfini sono abilissimi a cavalcare le onde sfruttando i flussi prodotti dal vento o dalla prua delle navi, ma è "pinneggiando" con vigore e girandosi su un fianco che riescono a raggiungere le loro incomparabili velocità.
I delfini sono, inoltre, animali a sangue caldo e devono quindi essere in grado di conservare il calore del corpo. Per questo motivo hanno dimensioni maggiori rispetto agli animali a sangue freddo (i delfini oceanici sono lunghi mediamente  220 cm, mentre quelli di fiume 215 cm). Il calore è prodotto all'interno dell'animale, e si disperde attraverso l'epidermide: essi creano più calore di quanto in realtà ne perdano rimanendo così caldi. Inoltre lo spesso strato di grasso sotto la loro pelle (adipe) isola il corpo e ne conserva il calore.
Ancora, il loro apparato circolatorio contribuisce al risparmio di calore; il sangue, infatti, si raffredda a mano a mano che scorre verso le estremità del corpo. I vasi sanguigni presenti nella code, nelle pinne pettorali e in quella dorsale sono quindi sistemati in modo che il sangue che ne defluisce venga riscaldato prima di ritornare ad altre parti del corpo.
ALIMENTAZIONE
Un gruppo di tursiopi
Generalmente la loro alimentazione varia dal pesce (aringhe, capelin) ai calamari sino ai crostacei, a seconda delle diverse specie e della disponibilità. I molti denti dei delfini, piccoli, taglienti ed appuntiti, non servono per masticare il cibo, che viene inghiottito intero, ma semplicemente ad afferrare il pesce viscido.
L'alimentazione fa comunque parte di un comportamento sociale perchè, sebbene siano in grado, quando il cibo è più abbondante, di alimentarsi da soli, solitamente formano colonie di 6-20 individui per organizzare vere e proprie battute di caccia.
Ancora più numerosi sono i gruppi che formano i delfini che vivono in pieno oceano dove possono arrivare ad unirsi centinaia di individui.
La predazione è attentamente organizzata: i tursiopi, per esempio, circondano i banchi di pesce, stringendoli in spazi sempre più piccoli ed entrando al centro, per nutrirsi, uno alla volta, cominciando dagli individui dominanti (i maschi) e procedendo con i soggetti collocati più in basso nella scala gerarchica (femmine e giovani). Comunque ogni specie ha perfezionato la propria singolare tecnica di caccia.
I delfini usano l'ecolocalizzazione per individuare le prede, ma è anche probabile  che il sonar serva a stordire e disorientare le prede, rendendone così più semplice la cattura.
Per quanto riguarda invece il fabbisogno di acqua dei delfini, è interessante sapere che non bevono l'acqua del mare filtrandola, ma assorbono direttamente quella contenuta nel pesce di cui si nutrono.
ORGANIZZAZIONE
 Un branco di delfini
Escludendo i delfini costieri che conducono una vita solitaria, gli altri si organizzano i gruppi di numerosità variabile: da 2 a più di mille soggetti. Solitamente si contano 20-100 individui per gruppo e in quelli più numerosi ci sono ulteriori suddivisioni in gruppetti più piccoli collegati tra loro. All'interno di ogni branco vige una rigorosa gerarchia sociale in cui i maschi sono gli individui dominanti (che quindi hanno il diritto di nutrirsi per primi) seguiti dalle femmine e dai giovani.
In ogni gruppo le femmine e i piccoli nuotano al centro del branco in modo che i maschi possano proteggerli da attacchi nemici. Non è infatti raro che le orche o gli squali attacchino questi cetacei che considerano delle prede.
I gruppi non sono fissi nel tempo: il numero di individui al suo interno può variare per l'allontanamento temporaneo di un maschio che va ad accoppiarsi con femmine di altri branchi, o per il distacco di giovani che formano una nuova comunità o per il ritorno di giovani femmine che hanno raggiunto la maturità sessuale. Comunque all'interno di ogni gruppo c'è sempre una forte coesione: addirittura se un membro del branco è in difficoltà e incapace di nuotare, i compagni lo sorreggono portandolo spesso in superficie a respirare.

Donnola

Nome scientifico: Mustela nivalis
Ordine: Carnivori

Famiglia: Mustelidi

Genere: Mustela

Specie: Mustela nivalis

Descrizione:
La donnola è un mustelide veramente piccolo, lunga poco meno di 30 cm. con coda molto corta. Anche il peso è esiguo e può variare dai 25 ai 250 gr. Questo perché il dimorfismo sessuale è molto accentuato, il maschio può essere anche di dimensioni doppie rispetto alla femmina. Ha un corpo agile e snello adatto alla caccia nelle tane più piccole come quelle dei roditori, coperto da un mantello a pelo corto di colore fulvo con il ventre, la gola e la punta delle zampe bianco/crema. Caratterialmente è molto coraggiosa attacca chiunque si avvicini troppo alla sua tana, anche l’uomo se necessario inoltre può espellere il contenuto delle ghiandole perianali con effetti simili a quelli della puzzola.

Habitat e distribuzione
E’ diffusa in tutta Europa, America del nord e Asia settentrionale e può vivere fino ad una quota di 3000 m.. E’ una animale molto versatile che si adatta a qualsiasi ambiente, dalla foresta alle zone più desertiche fino ad arrivare a vivere nelle città.

Gli habitat ideali sono prati rigogliosi, siepi, cunicoli sotterranei, cavità degli alberi, cespugli, anfratti rocciosi ma anche ripari offerti dall’uomo, fienili, stalle ed edifici disabitati.

Alimentazione
E’ predatore altamente specializzato che predilige piccoli mammiferi, conigli, roditori, uccelli e uova, non disdegna di cacciare anche lucertole ed insetti e con la sua robusta dentatura è in grado di rompere il guscio dei granchi dei quali si ciba volentieri.

E’ una nota frequentatrice di pollai, piccionaie e conigliere dove compie le sue razzie , spesso lecca il sangue delle prede che non riesce a consumare.

La donnola deve nutrirsi spesso a causa del suo metabolismo molto accelerato e quale è la fonte di cibo migliore se non un pollaio?

Riproduzione
L’accoppiamento avviene tra la primavera e la tarda estate con un accoppiamento piuttosto lungo. Dopo una gestazione di 5 settimane possono nascere da 1 a 7 cuccioli che la madre allatta per 7 settimane in una tana foderata in preferenza con pelame degli animali cacciati.

La madre provvede all’addestramento che si protrae per 3 mesi, dopo di che i piccoli diventano indipendenti.

giovedì 28 ottobre 2010

Bufalo

Il bufalo è il più tarchiato e possente tra i bovini africani. La testa appare ben proporzionata. Il collo si presenta lungo e robusto, il corpo leggermente più alto, la linea dorsale visibilmente incurvata, il ventre rigonfio, la coda lunga e sottile, completata da un ricco ciuffo di peli. Le corna, piatte, rugose e senza ondulazioni nette, appaiono molto ravvicinate alla base. Si piegano prima ai lati e indietro, poi verso l’alto. Nei vecchi maschi si allargano in modo straordinario alla base, fino a ricoprire tutta la fronte, lasciando libera solo una piccola striscia mediana. Il pelame è scarso e molto rado in tutto il corpo, tranne sui grandi orecchi, forniti di lunghi peli, e all’apice della coda. Numerose parti del corpo si presentano completamente nude e solo la testa e le zampe appaiono ricoperte di un vero mantello. Le femmine e i giovani posseggono un mantello più fitto, che dona loro una tinta bruna più o meno rosastra, tendente al nero. L’altezza del bufalo varia da 1, 10 m a 1, 60 m, secondo il sesso e la regione, mentre la sua lunghezza oscilla tra i 2 e i 3 m. Il maschio adulto pesa dai 600 ai 900 Kg.

Habitat ed ecologia del bufalo

L’area di diffusione del bufalo è assai vasta, ma molto frammentata. Comprende tutta la zona che si estende a sud del Sahara, dal Senegal sino al Sudan e all’Etiopia, nonché tutta la regione equatoriale e meridionale dell’Africa. Preferiscono la pianura alla montagna, e si stabiliscono nelle zone in cui l’acqua non scarseggia mai, poiché è loro indispensabile. Solo in casi estremi si accontentano della melma molto umida.
Si trovano a loro agio sia nelle foreste vergini sia in quelle meno fitte e nelle giuncaie, e perfino nella steppa spoglia.
La loro indole appare sedentataria. Questi robusti animali si presentano molto veloci, agili e resistenti. Sanno risalire pendii scoscesi, attraversare le foreste più intricate, solcare paludi e nuotare nei fiumi. Si tratta di un mammifero molto socievole.
Il piccolo gruppo familiare, composto da un maschio, da alcune femmine e dai loro piccoli, rappresenta la struttura più ricorrente. Le femmine di bufalo non abbandonano mai il maschio:se questo viene ucciso, si lasciano anche massacrare, sempre restando vicino al cadavere. Questo loro atteggiamento ha fatto si che l’uomo li considerassi animali stupidi.
I branchi più imponenti, che in alcune stagioni contano più di 100 capi, risultano costituiti soprattutto di femmine e giovani. La funzione di capo è affidata ad un maschio, ma è una vecchia femmina che conduce il branco e da il segnale per la fuga. Il maschio ha il compito di coordinare gli spostamenti e di difendere il gruppo. Le femmine sono sempre docili e tranquille e anche i maschi sono assai placidi, tranne che durante il periodo degli amori. I più vecchi vivono in disparte, isolati oppure in piccoli gruppi.
Trascorre le ore più calde della giornata dormendo o ruminando in qualche pozza melmosa o in qualche pantano, da cui esce regolarmente ricoperto da una crosta sudicia e secca. Verso sera si alza ed erra per la campagna, pascolando fino all’alba. Il bufalo veniva un tempo considerato pericoloso e feroce.
In realtà si presenta calmo e mansueto come tutti i bovini, senza dubbio meno aggressivo del toro domestico. Solo se ferito e stremato al punto da non poter fuggire decide di caricare gli inseguitori.

Riproduzione

Sembra che il periodo degli amori vari secondo le condizioni atmosferiche. La gestazione si protrae per 11 mesi e il vitello nasce coperto da un mantello rossiccio. La durata della vita risulta di circa 16 anni. L’uomo o rappresenta il solo nemico del bufalo. Il leone lo attacca, riuscendo talora ad ucciderlo. I bufali africani cacciati per sport appaiono molto meno numerosi di cento anni fa, pur non essendo minacciati di estinzione.

Bue


è l’erbivoro che vive più a Nord. Infatti, popola la Groenlandia e il nord del Canada, riuscendo a resistere anche a temperature di 70 gradi sotto lo zero grazie alla sua pesante pelliccia impermeabile.
Il suo nome deriva dall’odore per l’appunto di muschio che emana questo animale. La sua dieta alimentare è basata sui licheni e le piante secche, ma si nutre anche di radici, erba e piante terricole. Proprio per procurarsi il cibo ed evitare la neve più profonda si spinge a quote elevate.
Il bue muschiato pesa anche 400 chilogrammi e può raggiungere i 2,6 metri di lunghezza. Riesce a vedere bene anche al buio ed è un animale sociale che vive in branchi composti per la maggior parte da 10 – 20 individui.
Raramente si registrano anche numeri che vanno dai 50 fino ai 100 capi per branco. In ogni branco ci sono esemplari di entrambi i sessi; in ogni caso, durante la stagione degli amori, iniziano i combattimenti tra i maschi del branco e il più forte diventerà il maschio dominante che allontanerà i maschi adulti del gruppo. In tal modo ha l’esclusiva sulle femmine e solo i giovani maschi potranno restare nel branco.
Questo animale vive mediamente vent’anni e da ogni parto può nascere solo un cucciolo che verrà allattato per un anno dalla madre, anche se già dopo una settimana dalla nascita può mangiare l’erba

Bruco

Babbuino

Noto anche come babuino, vive in branchi sul terreno, in una zona che si estende dall’Egitto a gran parte dell’Africa centrale e orientale. Trascorre le giornate allegramente, ricercando il cibo. Eccezion fatta per il leopardo, che talvolta lo attacca, nessuno pensa di importunarlo. Gli indigeni non gli manifestano alcun interesse;si limitano a catturare talvolta qualche piccolo, per allevarlo come animale domestico.
Dalle alture, dove si trattengono abitualmente, i babuini scendono verso le piannure per bere nei piccoli stagni alimentati dalle sorgenti sottorrenee. Gli africani assicurano che non è raro vederli importunare le giovanette che vanno ad attingere acqua, tanto che queste devono essere accompagnate da uomini armati.
Il babuino, che non si differenzia fisicamente dagli altri cinocefali, dà prova di maggiori doti intellettive. Catturato giovane, si abitua facilmente alla vicinanza dell’uomo. Si lascia addomesticare di buon grado, al punto di sopportare anche un cattivo trattamento che potrebbe essergli inflitto. La femmina, estremamente mite, sa rendersi ancora più simpatica del maschio e può essere addomesticata più in fretta.
Famiglia Scimmie cinocefale classificate nel genere Papio della famiglia dei cercopitecidi.






HabitatSi tratta di scimmie di grosse dimensioni, diffuse nelle zone aperte e pianeggianti dell’Africa subsahariana.
 
Possono vivere nella savana, in praterie semi-desertiche, nelle foreste pluviali, in montagna, nei deserti e anche in zone costiere.
Caratteristiche
I babuini sono animali potenti e aggressivi. Hanno mascelle forti e allungate che rendono il muso simile a quello di un cane (da cui il nome), occhi vicini e grandi tasche guanciali nelle quali immagazzinano il cibo. Le arcate sopraccigliari sono pronunciate, le narici sottili e allungate, disposte parallelamente. Il senso della vista è molto sviluppato: i babbuini sono in grado di distinguere i colori e hanno un acuto senso dell’olfatto.

Tipiche di questi animali sono le callosità ischiatiche, ampie zone di cute callosa sulle natiche, priva di pelo e spesso vivacemente colorata. Le zampe sono robuste e la coda è generalmente corta, portata alta a formare un arco sul dorso
Dimensioni
Dimensioni massime: 1,7 m / 40 kg
Longevità
35-40 anni
Gestazione
La gestazione ha una durata di circa 6 mesi, mentre l'intervallo tra le nascite è di 2 anni.
Particolarità
I babuini sono le scimmie meglio adattate alla vita terrestre e possono reggersi su due gambe per scrutare il paesaggio. Per questa loro caratteristica sono state spesso prese a modello per studiare gli ominidi, i nostri più antichi progenitori.
 
I gruppi sono composti in media da 30-60 individui e dominati dai maschi. La pulizia reciproca del pelo funge da forte collante sociale e viene spesso utilizzata per formare alleanze con cui conquistarsi una posizione gerarchica più alta.
Alimentazione
Frutta, erbe, radici, semi, uova, insetti, uccelli, piccole antilopi e occasionalmente altre scimmie.

lunedì 25 ottobre 2010

Asino

E’ uno degli animali più denigrati della storia. Dopo il serpente, il colpevole per eccellenza, identificato con il male tentatore, l’asino è il più bistrattato. Da sempre viene considerato stupido, pigro, testardo e insensibile. E’ diventato l’esempio di tutto ciò che è ignorante, lento, tardo nell’apprendere al punto che si dà dell’”asino” o del “somaro” a quegli scolari che battono la fiacca. E nella celebre favola di Collodi, Pinocchio e Lucignolo vengono trasformati proprio in asinelli quando decidono di smettere di andare a scuola.
A pensarci però, ci si accorge di quanto la nomea dell’asino sia ingiusta. Non solo perché è stato dimostrato che possiede un’intelligenza pronta, che è molto curioso e sensibile, ma anche perché, denigrandolo quel modo, si dimenticano millenni di fatica spesa per farla risparmiare all’uomo. Non il più piccolo ringraziamento per il lavoro che l’asino ha svolto per noi, anzi solo battute cattive, insulti e maltrattamenti.
Circa settemila anni fa, l’asino era un animale selvatico che viveva nelle zone desertiche dell’Egitto e della Nubia. Era perfettamente adattato all’ambiente: si nutriva con pochissima erba e anche di rovi spinosi, beveva di rado, sopportava tranquillamente il caldo torrido del giorno e il gelo della notte, sapeva scalare rocce e muoversi con agilità sui pendii ripidi e scivolosi. In poche parole, un vero miracolo dell’evoluzione.
Poi l’uomo si accorse di queste sue doti e ne fece uno schiavo. Da quel momento l’esistenza degli asini fu costituita da carichi da portare, carri da trainare, macine di mulino da far funzionare, persone da trasportare. Con gli asini si commerciava, si aprivano le miniere, si colonizzavano i Paesi inesplorati: era, ed è tuttora in molti posti, una macchina a buon mercato che consuma poco e rende molto. Così, di un animale fiero si fece una apatica cavalcatura dallo sguardo acquoso, pronta ad essere sfruttata. Scrisse a questo proposito Lorenz Oken, leggendario naturalista tedesco dell’Ottocento: “L’asino domestico è talmente avvilito dai cattivi trattamenti che non somiglia più affatto ai suoi progenitori: rimane assai più piccolo, è di colore cinereo più smorto, e ha orecchie più lunghe e flosce. Il coraggio si è mutato in cocciutaggine, la rapidità in indolenza, la vivacità in pigrizia, la saggezza in stupidità, l’amore innato della libertà in pazienza, la baldanza in resistenza alle botte”. Così è stato per secoli e secoli.
Ma adesso è venuto il momento della riscossa. La scienza si è accorta che l’asino è una delle migliori “medicine” esistenti, una delle poche in grado di portare straordinari benefici ai disturbi della psiche. Sono infatti in numero sempre maggiore i centri dove viene pratica la “onoterpia” cioè la cura attraverso il contatto con un asino domestico. La taglia ridotta di questo simpatico animale, il suo pelo morbido da accarezzare, l’indole pacifica e paziente, l’andatura lenta e controllata ne fanno un toccasana che in Francia, Svizzera, Gran Bretagna e Stati Uniti rappresenta già da molti anni una realtà concreta. Toccare e cavalcare un asinello porta enormi benefici soprattutto ai bambini con seri problemi di relazione, mobilità e linguaggio. Inoltre l’asino si è dimostrato molto utile nelle diverse forme di depressione, per i cardiopatici, gli ipertesi, per chi soffre di ansia o di stress.
Sarebbe veramente ora di rendere omaggio a quest’umile bestiola e alla sua evidente dedizione verso di noi. Ci ha dato il suo lavoro e ora ci dona anche la salute. Ha ben scritto il noto etologo Danilo Mainardi: “Insomma, il mondo cambia e cambia il nostro modo di starci. Con gente un po’ più consapevole dei diritti degli animali, finalmente anche l’asino potrebbe avere una vita decente. Credo che gliela dobbiamo.”

Armadillo

L'Armadillo
 Gli armadilli sono mammiferi e appartengono all'ordine degli sdentati (maldentati): ciò non significa che siano totalmente privi di denti (come i formichieri), ma che mancano di denti non visibili dall'esterno.
I loro denti, infatti, sono costituiti da molari  molto semplici, privi di radici e di smalto e presenti talora in gran numero (per esempio l'Armadillo gigante ne ha anche un centinaio).
Data l'assenza di incisivi, il cibo viene afferrato dalla lingua cilindrica e vischiosa.
Ma la caratteristica più rilevante di questa famiglia è il rivestimento costituito da placche cornee, tipo corazza,  formanti tre parti distinte: uno scudo cefalico, sulla testa; uno scudo scapolare che protegge la parte anteriore del corpo; uno scudo pelvico che riveste la parte anteriore. Tra lo scudo scapolare e quello pelvico, le placche sono disposte in bande trasversali articolati tra loro e sufficientemente mobili da permettere in qualche caso all'animale di avvolgersi a palla.
Anche gli arti sono  talvolta  parzialmente ricoperti da scaglie che rivestono anche la coda.

 armadillo
Le zampe sono plantigrade e munite di 4 o 5  robusti  unghioni atti allo scavo, mediante i quali gli armadilli  possono interrarsi molto rapidamente sottraendosi alla vista del nemico; essi scavano anche per prepararsi una tana e le unghie servono pure  per portare allo scoperto vermi, insetti  o altre piccole prede di cui si cibano. Sono spesso vittime di cani, pecore o coyote, contro i quali la loro corazza di scaglie non è una difesa sufficiente. Incapaci di correre cercano di sotterrarsi e se non ci riescono si fingono morti.
Gli armadilli presentano il fenomeno della poliembrionia; la femmina infatti partorisce 4 piccoli  dello stesso sesso e perfettamente simili. Si tratta di 4 gemelli formatisi dalla divisione di uno stesso uovo, e perciò attaccati a un'unica placenta: nascono in febbraio o in marzo.  I piccoli  sono perfettamente sviluppati e vengono allattati dalla madre per alcune settimane: intorno ai sei mesi raggiungono la maturità sessuale.
Sono animali onnivori, anche se si cibano per lo più di insetti e loro larve, vermi e millepiedi.  Pertanto, nonostante i danni che produce con i suoi scavi, lo si può  considerare utile all'agricoltura.
L'armadillo dalle nove fasce misura una settantina di centimetri compresa la lunga coda. Possiede, tra lo scudo scapolare e quello pelvico,  nove cinti mobili. I denti sono una trentina. L'armadillo dalle nove fasce sino ai tempi recenti non si spingeva a nord oltre il Messico; ma alla fine del secolo scorso è penetrato nel Texas e in seguito si è diffuso dagli Stati Uniti meridionali all'Argentina.  Molti altri si trovano in varie parti del del centro e soprattutto del Sud America.
Sebbene viva esclusivamente a terra, non ha paura dell'acqua anche se nuota con difficoltà, dato il suo peso specifico; però in breve tempo riempie d'aria stomaco e intestino aumentando così il proprio potere galleggiante.
Oltre all'armadillo dalle nove fasce esistono altre specie:
l'armadillo  gigante il più grande di tutti, lungo da 70 cm al metro, con coda di mezzo metro e 12-13 cingoli mobili.
l'armadillo dalle grandi orecchie  che si riconosce facilmente per la coda priva di armatura
l'armadillo dalle sei fasce
l'armadillo o Eufratto velloso, la cui corazza è ricoperta da abbondanti peli che crescono negli interstizi tra le scaglie
l'armadillo detto Bolita il cui nome in spagnolo significa pallottola, si riferisce alla capacità di avvolgersi rapidamente a palla, per difendersi dai nemici, introducendo la testa in un apposita fenditura in modo da proteggere tutte le parti del corpo.  
Provvisto di vista e udito mediocri, si serve dell'olfatto  quando va a caccia d'insetti

c'è poi il Pichiciego che  è lungo solo 13 cm circa esclusa la coda piccolissima.   A differenza degli altri armadilli, in questa specie la corazza aderisce al corpo solo lungo la linea vertebrale. Il pichiciego vive in gallerie sotterranee e la sua abilità  di scavatore è stata paragonata a quella della talpa; strumenti di scavo sono gli arti anteriori muniti di forti unghioni. La sua area di diffusione è limitata alle pianure sabbiose dell'Argentina centro occidentale.

Aragosta

L’aragosta (Palinurus elephas) è un crostaceo di medie dimensioni, di lunghezza variabile tra i 20 e i 50 cm, che può pesare fino ad 8 kg.
È’ rivestita da una corazza resistente, di colore generalmente rosso con sfumature sul viola.
La corazza è divisa in due diversi parti: il carapace, cioè la parte anteriore, che è particolarmente sviluppata, similmente a quella del granchio.
In questo tratto della corazza, l’aragosta è coperta da spine e le sfumature diventano più tendenti al blu.
Il carapace è a sua volta suddiviso in cefalotorace e addome (formato da sei sezioni mobili), rispettivamente la parte anteriore e quella posteriore.
Nella parte posteriore si trova invece la coda a ventaglio, che si apre quando l’aragosta deve spostarsi nuotando, rigorosamente all’indietro (come i gamberi).
Differentemente da altri crostacei, l’aragosta non ha le chele; ha però due lunghe antenne gialle-rosse utilizzate sia come organi di senso che come mezzo di difesa.
Alla base di queste si trovano acuminate spine, e fino alla bocca è rivestita da appendici pelifere che, insieme alle antenne, formano l’apparato tattile.
L’aragosta è un animale sedentario che vive in grandi gruppi, sul fondale marino, preferibilmente roccioso o algoso, a circa 150 m di profondità; essa si nutre di altri animali marini come gamberetti, spugne o anellidi, ma anche di alghe e plancton.
L’aragosta è molto diffusa nell’oceano Atlantico, ma si può trovare anche nel Mar Mediterraneo.





La grande qualità delle carni dell’aragosta erano apprezzate fin dall’antichità: nei vivai pompeiani si trovano mosaici rappresentanti questo animale in diversi momenti; tra questi mosaici viene rappresentata una scena di un’aragosta che lotta contro un polpo (suo nemico naturale).
In epoca romana l’aragosta era generalmente denominata “locusta”, ed era ritenuta un cibo molto prezioso, ma altrettanto indigesto: era infatti consigliabile cuocerla in acqua e aceto, così da alleggerirla.
Nel corso del Medioevo, l'aragosta fu diffusa come simbolo degli eretici e dei pagani, cioè coloro che, secondo la tradizione religiosa, erano caratterizzati dall’instabilità.
A tutt’oggi, sia l’aragosta che il granchio, hanno significato di incostanza, per il loro movimento instabile e talvolta immotivato.

■ Varietà ed allevamento


L'aragosta può essere venduta sia d’allevamento che pescata: se pescata, l’aragosta viene catturata in reti da posta, tremaglie (formate quindi da 3 maglie) principalmente da marzo ad agosto.
Le specie dell’aragosta sono 32 circa, 2 delle quali presenti nel Mediterraneo: queste sono la Palinurus mauritanicus (con forti sfumature rosa e macchie chiare), e la Palinurus regius (dalla colorazione più tendente il verde).

Anguilla


DESCRIZIONE  Pesce comunissimo e molto noto, ha il corpo allungato, serpentiforme, arrotondato nella parte anteriore e compresso posteriormente. Pinna dorsale, caudale e anale confluenti. Pettorali ben sviluppate, ma ventrali assenti. La mascella inferiore, che è più lunga di quella superiore, e l’attacco della dorsale, posto molto indietro rispetto alle pettorali, consentono di distinguere rapidamente l’anguilla dai gronghi. In genere il dorso appare scuro mentre i fianchi e il ventre sono chiari.
DIMENSIONI MEDIE 30-80 cm (massimo 150 cm). Gli esemplari femminili raggiungono dimensioni maggiori.
DISTRIBUZIONE Assai diffusa nelle acque costiere dl Mediterraneo e del Mar Nero e dell’Atlantico orientale dalla Scandinavia alla coste africane sino a 25° di latitudine nord. Lungo le coste atlantiche degli Stati Uniti vive l’anguilla americana Anguilla rostrata. Altre specie di anguille vivono negli oceani Indiano e Pacifico (per esempio Anguilla japonica).
HABITAT  Acque marine costiere e salmastre, lagune ed estuari su fondali fangosi o ricchi di anfratti o ripari sommersi.
COMPORTAMENTO Aggressiva e vorace può essere localmente molto abbondante. Si dimostra più attiva nelle ore notturne. E’ ben conosciuta come pesce migratore.
ALIMENTAZIONE i nutre di pesci, crostacei e molluschi.

Alce

L'alce è un grande erbivoro, che supera i 2 metri di altezza e i 500 chilogrammi di peso.

Prima di ogni altra cosa, bisogna sottolineare come solo gli esemplari maschi di questa specie posseggano le corna (che scientificamente si chiamano palchi), mentre le femmine ne sono sprovviste. I palchi possono essere lunghe fino a 160 centimetri e pesare anche venti chili.
L’alce ha un aspetto goffo, ma simpatico. Una peculiarità dei maschi è una sorta di sacca sotto il collo dell’animale che prende il nome di campana e seppure di carattere riservato, i maschi superano la timidezza nella stagione dell’accoppiamento scontrandosi fra loro per ottenere i favori delle femmine.
Esistono molte sottospecie di questo animale, ma sicuramente l’Alces alces gigas (che si trova in Alaska) è la specie con le dimensioni più grandi: considerate che in media un esemplare raggiunge i due metri di altezza e i palchi misurano anche 180 centimetri. Vi elenco alcune delle sottospecie più famose:
  • Alces Alces bedfordiae (si trova nella Siberia orientale);


    • Alces Alces alces (l’alce comune) ;
    • Alces alces americanus (sottospecie nordamericana) ;
    E adesso delle curiosità:
    1. Theodore Roosevelt diceva “Sono forte come un alce” e per questo motivo il suo partito divenne famoso come “Il partito dell’Alce”.
    2. La femmina dell’alce è così protettiva nei confronti dei cuccioli da essere facilmente irritabile. Per questa ragione è l’animale che uccide più persone in Canada, togliendo il primato al Grizzly nordamericano.

    venerdì 22 ottobre 2010

    Ippopotamo

    Generalità e morfologia dell'ippopotamo


    Foto Ippopotamo 1
     

    L'ippopotamo è un animale grosso, pesante, con un corpo allungato, cilindrico a forma di botte; tra tutti gli animali della terraferma è il più pesante dopo l'elefante. Il nome "Ippopotamo" deriva dalle parole greche ippos potamos, cioè cavallo di fiume. I più stretti parenti degli ippopotami sono i maiali. Oggi esistono solo due tipi di ippopotami, entrambi africani, l'ippopotamo comune, detto anche ippopotamo anfibio, che può arrivare a pesare fino a 4 tonnellate, e l'ippopotamo nano o ippopotamo pigmeo, molto più piccolo e che pesa circa un decimo dell'altro ed ha abitudini più terrestri.
    La pelle dell'ippopotamo comune è morbida ed elastica e in certe zone raggiunge i 5 cm di spessore; è continuamente lubrificata da un liquido vischioso, di colore rossastro, secreto da speciali ghiandole distribuite in tutto il corpo.
    Gli ippopotami si incontrano specialmente nei fiumi e nei laghi, ma possono anche frequentare stagni di fango molto fluidi.

    Vita sociale degli ippopotami

    Gli ippopotami conducono una vita in gran parte acquatica, che offre loro due vantaggi, uno relativo al mantenimento costante della loro temperatura corporea, l'altro relativo alla riduzione degli effetti della gravità. Vivono in branchi di una decina di individui che passano la giornata in acqua, distribuiti in modo caratteristico: le femmine con i piccoli ippopotamiraggruppati fra di loro, così come i maschi e le femmine giovani senza prole, i maschi si dispongono alle periferie di questi gruppi.
    I maschi adulti di ippopotamo occupano un determinato spazio a seconda del loro grado gerarchico. Ognuno di loro ha un proprio sentiero privato per risalire a terra, mentre i sentieri per le femmine ed i giovani sono per più individui. Forte è l'istinto di difesa dell'ippopotamo, frequenti sono gli scontri fra i maschi per il territorio, scontri che spesso finiscono con la morte di uno dei due contendenti.
    Le ferite e le lacerazioni, anche se molto gravi, guariscono piuttosto rapidamente.

    Rirpoduzione

    I piccoli ippopotami nascono dopo 227-240 giorni di gestazione, solitamente ne nasce uno per parto. Alla nascita i piccoli ippopotami pesano già sui 30 kg; vengono partoriti nell'acqua dove vengono anche allattati; sono già in grado di rimanere immersi per 3 minuti.
    Gli adulti possono rimanere in immersione anche fino a più 10 minuti, un caso record riporta la mezz'ora di immersione. Già pochi minuti dopo la nascita sono in grado di nuotare e camminare, l'allattamento dura dai tre agli otto mesi. Dopo seguono una dieta esclusivamente vegetariana. Si nutrono specialmente di notte, quando escono dall'acqua per raggiungere i pascoli. Un adulto ingurgita decine e decine di foglie, erbe, ramoscelli, bulbi e rizomi per notte.

    Altre informazioni sull'ippopotamo

    La dentatura dell'ippopotamo è assai caratteristica con gli incisivi orientati in avanti, i canini molto sviluppati che vengono usati come armi, in particolare gli inferiori che possono raggiungere il metro di lunghezza e circa 3 kg di peso. Incisivi e canini sono a crescita continua; il loro avorio, di buona qualità, è più duro di quello degli elefanti.
    La dentatura è completata da 12 premolari e 12 molari.
    Gli ippopotami dispongono di uno stomaco molto grande ed un intestino che può raggiungere i 60 m di lunghezza.
    La maturità sessuale viene raggiunta a circa 8 anni e la vita si aggira sui 40-50 anni.
    Nonostante la sua mole l'ippopotamo può essere piuttosto veloce; quando non è al sicuro in acqua, preferisce battere la ritirata, ma se viene inseguito può superare i 45 km/h.
    Di giorno, immersi nell'acqua, gli ippopotami servono da posatori per molti uccelli acquatici, alcuni, come il rallo nero, non si limitano a riposare ma liberano il dorso dei pachidermi dai parassiti. Anche alcuni pesci contribuiscono alla loro pulizia liberandoli da resti vegetali, parassiti e detriti organici. Questi pesci vengono attratti dagli escrementi dell'ippopotamo di cui si nutrono.
    Gli escrementi di ippopotamo, depositati sui fondali, costituicono un ottimo fertilizzante azotato che favorisce la crescita di molte piante acquatiche. L'ippopotamo ha subito negli ultimi secoli una notevole riduzione a causa della spietata caccia per la carne, la pelle e l'avorio dei denti.

    Iguana

    Origine e generalità

    Foto stella marina 1

    Quando Charles Darwin arrivò nelle isole Galapagos, nel 1835, vi trovò migliaia di rettili simili a lucertole. Questi animali, detti iguane terrestri, facevano grandi buche nel terreno: ne facevano così tante che Darwin aveva difficoltà a trovare un posto dove piantare la tenda.
    Sulla riva del mare Darwin trovò un'altra specie di rettili, le iguane marine. Descrisse questo animale come una creatura orrenda, stupida e lenta nei movimenti. Effettivamente le iguane sono animali dall'aspetto strano, simile a quello che probabilmente dovevano presentare alcuni rettili preistorici. Milioni di anni fa i rettili erano la forma di vita dominante sulla terra; con l'affermarsi dei mammiferi, i rettili cominciarono a diminuire.
    Le iguane sono tra i rettili più più grandi presenti sulla terra dato che possono raggiungere il metro e ottanta in cattività e i due metri e mezzo in natura.

    Morfologia

    Il corpo di un'iguana è ricoperto di squame, che a volte sono vivacemente colorate. Diversi tipi di iguane hanno creste di spine molli, disposte come i denti di un pettine; le creste si estendono lungo il dorso dalla parte posteriore del capo fin verso la metà della lunga coda. Una particolare specie di iguana vivente nelle zone rocciose e aride dell'isola di Haiti, l'iguana rinoceronte, è caratterizzata da una grande duplicatura cutanea in corrispondenza della gola e da alcune grosse squame poste in corrispondenza della testa, tre delle quali, nei maschi, sembrano corni. Le iguane appartengono ad una grande famiglia di rettili, gli iguanidi, diffusi esclusivamente nelle americhe, a parte due generi viventi nel Madagascar e nelle isole Figi. Fanno parte di questa famiglia numerosi rettili di dimensioni relativamente modeste.
    Il termine iguana è generalmente usato per indicare solo i membri più grandi della famiglia. Una delle specie più comuni è l'iguana verde, diffusa nelle selve dell'America meridionale e centrale. E' il più grande della famiglia che può raggiungere il metro e sessata circa, di cui un metro è la coda. Queste vivono esclusivamente sugli alberi, preferibilmente vicino ai fiumi; hanno molti nemici, compreso l'uomo che le caccia per le carni prelibate; è però molto difficile cattiurarlo. Le iguane scendono dagli alberi solo per deporre le uova, accoppiarsi, o semplicemente cambiare zona. Quando l'animale si trova in difficoltà si lascia cadere dall'albero, anche a grandi altezze, senza risentirne, tanto da riuscire a riprendere la fuga subito dopo aver toccato terra. Se cade in acqua riesce a nuotare con velocità sia in superficie che in profondità, rimanendo a lungo in immersione.

    Habitat e abitudini delle iguane

    La notte la passano prevalentemente una sorta di rifugio-tana, al riparo dai predatori. Le iguane sono generalmente vegetariane: si nutrono di foglie, fiori, frutti e germogli; gli individui giovani mangiano anche insetti.
    Le iguane marine si nutrono di alghe che crescono abbondanti sul basso fondale. Questa specie arriva al metro e quaranta, con ottanta centimetri di coda e del peso di una dozzina di chili, vivono in colonna sugli scogli e sulle coste battute dalle onde. Un tempo molto numerose, le iguane marine sono calate di numero da quando sulle isole si sono stabiliti l'uomo con i suoi animali domestici. Le iguane sono proprie del nuovo mondo ma è possibile l’allevamento in cattività, anche in casa, basta usare un apposito contenitore con misure adeguate e che presenti caratteristiche simili al loro habitat naturale.

    Airone


    Airone

    Nome scientifico:
    Ordine: Ciconiiformes
    Famiglia: Ardeidae

    Si distingue dagli altri aironi per le grandi dimensioni (90-98 cm di lunghezza). Ha una livrea grigio cenere (da cui il nome). Le parti superiori sono grigie, il collo e la testa bianchi con una striscia nera sulla nuca. Il lungo e affilato becco è giallastro, le grandi zampe brunastre, ma entrambi diventano di colore rossastro in primavera. Il volo è potente, con lenti e profondi battiti di ala. L'apertura alare, nei maschi adulti, in taluni casi può raggiungere 2 mt.di ampiezza. La silhouette in volo è caratteristica, tiene la testa arretrata tra le spalle, come a formare una "S", e le zampe estese. Frequenta stagni, risaie, prati allagati, canali, fiumi, laghi, e coste marine. Se ne sta immobile per lungo tempo nell'acqua bassa nell'attesa della preda, di solito costituita da rane, pesci, rettili, che cattura con un fulmineo colpo del lungo becco. Nidifica in colonie con altri aironi (garzaie), predilige costruire il nido su alberi alti, ad almeno 25 mt.di altezza. Anche se vi sono casi in cui i nidi sono posti su alberi più bassi o nei canneti. Il suo areale di nidificazione è il più settentrionale tra quello degli Aironi Europei, quindi alcune popolazioni sono soggette ad un elevato tasso di mortalità negli inverni più rigidi. Comunque è riscontrato che, in questo caso, la specie ha forti capacità di recupero nella consistenza numerica, tanto da diventare l'airone più diffuso nelle aree nord occidentali europee.